Spazio alla critica

Le recensioni di importanti giornalisti ai nostri interpreti.

Le recensioni a cura di:

Nicola Lischi

Critico musicale Opera Britannia e GBOpera

IL DUELLO

Procchio, Venerdì 29 Luglio 2016 ore 22,00

La recensione • Nicola Lischi

Biao Li, che ha vinto il primo premio della giuria, è un tenore dalla voce verosimilmente piccola e molto estesa in acuto, come ha dimostrato nella celebre aria “Ah, mes amis” da La Fille du régiment di Gaetano Donizetti. La cavatina di Almaviva da Il barbiere di Siviglia di Rossini ha al contrario messo in rilievo una certa insicurezza sul famigerato passaggio di registro, anche se gli ha permesso di mostrare agilità competenti e addirittura un trillo. SI tratta in ogni caso di un giovane cantante di talento estremamente promettente.

Il premio del pubblico è invece stato assegnato a Ferruccio Finetti, a proprio agio nella scomoda tessitura dell’aria di Escamillo da Carmen, che ha in fin dei conti rivelato la sua natura di basso baritono, anziché di baritono autentico. L’aria di Germont da La traviata lo ha portato in territori un poco scomodi. Ha un bel timbro pastoso ed è cantante prezioso nel giusto repertorio.

Il basso Giordano Farina ha molto da offrire nel repertorio buffo, poiché è parso esser carente di quella cavata, della proiezione vocale per i ruoli da autentico basso.

Antonella Biondo è stata un’ottima Regina della Notte (Il flauto magico)  mostrando di possedere una notevolissima estensione in alto e ottimi picchettati. Non ha raggiunto la sufficienza, sempre nella mia opinione, nell’aria di Norina di Don Pasquale, dove si è evidenziata una non perfetta omogeneità fra i registri e un legato decisamente da migliorare.

Natasha Day ha un timbro splendido, scuro per un soprano lirico leggero, con il perfetto physique du rôle per i ruoli presentati, Musetta (La bohème) e addirittura Violetta, scelta che dimostra grande coraggio. Purtroppo mi è parso di percepire una certa oscillazione, non già negli acuti, ma nel registro centrale, conseguenza probabile di un non corretto appoggio sul fiato, che dovrebbe assolutamente correggere dato che il timbro è tanto affascinante.

QUATTRO PERSONAGGI IN CERCA DI UN RUOLO

Collesalvetti, Venerdì 22 Aprile 2016 ore 21,15

La recensione • Nicola Lischi

Soprano Azusa Dodo e soprano Nina Muho in gara per il ruolo di Cio-Cio-San in Madama Butterfly di G. Puccini – “Un bel dì vedremo”
Sono entrambe cantanti di alta qualità. Madama Butterfly è stata spesso interpretata anche da soprani lirico leggeri, quale Nina Muho pare essere, ma non vi è dubbio che un soprano lirico puro come Azusa Dodo sia più adatta alle numerosissime difficoltà della parte, che siede su una tessitura molto centrale, faticosa per un soprano, spesso da affrontare lottando con un’orchestrazione piuttosto pesante. Nina Muho, che pare più adatta al momento a ruoli più leggeri, possiede notevole musicalità, un bel controllo dei fiati; è quindi una cantante tecnicamente a posto. Ho scelto Azusa Dodo in quanto ha appunto le caratteristiche vocali richieste dal ruolo, sostenute da una buona tecnica fonatoria, omogeneità fra i registri, bel registro medio grave e acuti squillanti (che qui abbiamo potuto giudicare solo fino a un si bemolle). Da un punto di vista interpretativo la Dodo mi è parsa un pochino troppo placida, soprattutto nell’aria finale “Tu, tu piccolo Iddio”, ma sono limiti che può facilmente risolvere con l’aiuto di un buon ripassatore di spartiti, e soprattutto un buon direttore e regista.

Tenore Claudio Rocchi in gara per il ruolo di Turiddu in Cavalleria rusticana di P. Mascagni – “O Lola, ch’hai di latti la cammisa” e “Addio alla madre” (C’era un solo tenore in gara per la defezione dell’altro)
Claudio Rocchi è un tenore dotato di una di quelle voci che non si possono ignorare, considerato soprattutto il timbro robusto e il notevole volume, qualità che ne farebbero interprete adatto al ruolo di Turiddu. Consiglierei di cercare maggiore dolcezza nella Serenata, e di prestare maggiore attenzione all’intonazione di quei tremendi intervalli di terze e di quarte. Decisamente migliore l’aria dell’addio alla madre; anche qui però ho notato un’emissione che fa troppo affidamento al canto di forza.

Soprano Antonella Biondo e mezzosoprano Paloma Pelissier in gara per il ruolo di Rosina ne Il barbiere di Siviglia di G. Rossini – “Una voce poco fa”
Anche se una Rosina soprano ha una tradizione gloriosissima e antica (sin da subito i soprani vollero appropriarsi del ruolo, con il benestare del compositore), Rossini ha composto il ruolo per un contralto, anzi un mezzocontralto, ed è questa la versione che preferisco. Un soprano comporta troppi stravolgimenti, non solo trasposizioni di arie, ma scambio di linee vocali nel concertato. In ogni caso a mio avviso l’unico caso in cui si giustifichi l’impiego del soprano è quando questo sia davvero un soprano pirotecnico, una vera virtuosa in grado di strabiliare con veri e propri fuochi d’artificio vocali. Antonella Biondo ha offerto una prova di “Una voce poco fa” molto competente, ben interpretata, coloratura accettabile ma non impeccabile e alcuni sovracuti un pochino schiacciati. Avevo ascoltato il mezzosoprano Paloma Pelissier l’anno scorso, anche in quest’aria, e sono rimasto colpito dall’enorme miglioramento: se l’anno passato avevo notato un registro grave un po’ debole e un’agilità poco precisa, adesso mi sono trovato di fronte ad una cantante dall’emissione omogenea, dal timbro più caldo e più mediosopranile, e dal canto d’agilità accurato e intonato, qualità che sono state messe ancor più in rilievo nell’aria della lezione, “Contro un cor” che sarà meno famosa e appariscente della cavatina, ma è indubbiamente più esigente e irta di difficoltà. Per completezza segnalo alcuni fiati inopportuni e una pronuncia italiana non sempre inappuntabile, soprattutto nel raddoppio di alcune consonanti (soprattutto quella doppia “enne” davvero esposta di “Una voce poco fa”. A parte questi dettagli facilmente correggibili, la Pelissier sarà un’ottima Rosina.

Baritono Alessandro Biagiotti e baritono Ferruccio Finetti per il ruolo di Giorgio Germont in La traviata di G. Verdi – “Di Provenza il mare, il suol”
Alessandro Biagiotti mi è parso francamente un pochino acerbo; il materiale è di una certa consistenza, ma almeno in questa occasione ha manifestato problemi di proiezione del suono e alcuni sbandamenti d’intonazione. Di Ferruccio Finetti, tecnicamente competente, ho apprezzato il bel fraseggio morbido e fantasioso e l’indubbia musicalità, qualità che ha mostrato ancora di più nel cantabile “Pura siccome un angelo” dal duetto del secondo atto con il soprano.

GALA CARMEN

Collesalvetti, Giovedì 17 Marzo 2016 ore 21,15

La recensione • Nicola Lischi

Berna Perles mi è parsa sin dalle prime note una cantante tecnicamente già pronta, con un bel timbro da soprano lirico puro molto malleabile, emissione omogenea in tutta l’estensione (non si avvertivano affatto i passaggi di registro), con un registro acuto raccolto e ricco di armonici. Ha un fraseggio variegato, interpreta bene e con partecipazione emotiva. A me è piaciuta anche l’interpretazione di “Tu che di gel sei cinta”, anche se il duetto Micaela/José dalla Carmen era impareggiabile. Una delle migliori cantanti che abbia ascoltato in questi due anni di Open Opera.

Il tenore cileno Leon De La Guardia ha un timbro molto gradevole, ma la fonazione è ancora troppo affidata alla generosa natura, e quindi un po’ troppo muscolare, forzata; i mezzi sono notevoli e se capisce come rilassare la gola e cantare sul fiato potrebbe aver una buona carriera nel repertorio lirico leggero; Alfredo di Traviata può andare bene, mentre Don José è al momento un ruolo troppo drammatico.

Il mezzosoprano Inna Savchenko mi è parsa a proprio agio nel registro acuto, come dimostrato con un bel si naturale nell’aria di Rosina da Il barbiere di Siviglia, mentre, almeno in questa occasione, la prima ottava suonava leggermente artificiosa. Il colore della voce è molto piacevole, e la inviterei a perfezionare il canto di agilità se vuole dedicarsi al belcanto.

Il baritono Fabrizio Piqué ha rivelato diversi problemi tecnici, quali una difficoltà a proiettare il suono e a girare la voce, per usare un termine gergale. L’impressione è che abbia molto più suono di quello che produce, ed infatti occasionalmente emette alcune note piuttosto potenti e risonanti, il che mi dice che abbia dentro di sé mezzi ben più imponenti che dovrà imparare a tirar fuori e a gestire.

Maria Francesca Mazzara ha un timbro decisamente interessante, gradevole, da lirico leggero (più leggero che lirico), un’emissione tecnicamente corretta con un registro acuto ben sviluppato e ricco di squillo che di sicuro in teatro corre molto. A questo punto dovrebbe quindi concentrarsi sull’interpretazione, che è al momento scolastica e avara di dinamiche: dato che tecnicamente è sostanzialmente a posto non dovrebbe rimanerle difficile riuscire a seguire i segni dinamici indicati dal compositore e a render vivo il personaggio (Violetta in particolare, almeno quella del primo atto, le si addice più di Micaela). In poche parole, un soprano da seguire con attenzione.

Il controtenore croato Momir Pjevac avrebbe un timbro abbastanza caldo e interessante, ma tecnicamente ci sono tanti problemi da sistemare, in particolare la ricerca di un appoggio; dopo di che dovrà dedicarsi a produrre un’agilità più precisa e sgranata.

GALA RIGOLETTO

Collesalvetti, Giovedì 25 Febbraio 2016 ore 21,15

La recensione • Nicola Lischi

Anna Delfino mi ha sostanzialmente convinto in virtù di un timbro pastoso e immediatamente riconoscibile, più ricco nei centri di quello della maggior parte dei soprani lirico leggeri; il registro acuto è sicuro anche se alcuni sovracuti erano emessi con un po’ troppa tensione, colpa forse dell’emozione in quanto altri invece erano emessi con la giusta morbidezza (il re naturale conclusivo ad esempio). Ho avuto l’impressione che abbia una certa paura del registro grave e che quindi non gli dia la giusta importanza; questo si è avvertito nella cavatina “Regnava nel silenzio” di Lucia di Lammermoor, collocata (anche a causa della trasposizione di tradizione) in una tessitura medio-grave. Dovrebbe inoltre dedicarsi seriamente allo studio del trillo, un tempo considerato l’ornamento vocale di maggior prestigio e che adesso è invece diventato un “optional”. In ogni caso Anna Delfino mi è sembrato un soprano preparato, che potrebbe risolvere anche velocemente le poche imperfezioni che ha evidenziato l’altra sera. “Caro nome” da Rigoletto mi ha convinto più della cavatina e cabaletta di Lucia (brava comunque per aver eseguito il daccapo).

Il baritono Omar Garrido ha presentato la cavatina di Figaro da Il barbiere di Siviglia, un’aria che potrebbe stargli bene per ragioni timbriche, a condizione che la ristudi ex novo: troppi infatti erano gli errori di pronuncia a partire dalle doppie consonanti, ma anche tecnicamente troppi erano gli acuti “indietro”, non immascherati. Il ruolo di Rigoletto non gli si addice a questo punto della carriera, ma capisco che era parte del programma.

Tiziana Fabietti ha senza dubbio un timbro nel registro centrale molto gradevole, caldo come dovrebbe esser quello di un mezzosoprano lirico, ma tecnicamente si avvertivano troppe differenze timbriche nel passaggio fra i vari registri; quello grave in particolare non risultava molto sonoro. La dizione era un po’ arruffata, conseguenza dell’approccio eccessivamente frenetico, scomposto impresso a “Smanie implacabili”; questa tendenza a cantare “a stacchetti”, ovvero senza ricorso ad un vero legato si è avvertita anche in un’aria sensuale come la Seguidille di Carmen.

Ho apprezzato molto l’interpretazione “semiseria” di “Vecchia zimarra” del basso Gian Filippo Bernardini, intonata con il distacco di uno che sa come vanno le cose del mondo. Premesso che le voci vanno ascoltate in un teatro vero (e questo vale per tutti gli altri cantanti ovviamente), il timbro di Bernardini mi è parso un po’ troppo chiaro, inadatto a Sparafucile (e anche in questo caso ricordiamo che la scelta del duetto con Rigoletto era in pratica obbligata, dato il tema del concerto).

Positiva la prova di Tatiana Aguiar, soprano lirico che ha il proprio punto di forza in un registro acuto sicuro e penetrante (grazie alla ricchezza di armonici) come ha dimostrato nell’aria di Micaela di Carmen con i temibili si bemolle di “infame” e il climatico si naturale. Dovrebbe prestare maggiore attenzione al mi bemolle finale, in questo caso corto e poco sorretto dal fiato. Meno convincente, ma sempre nell’ambito di una prestazione di tutto rispetto, l’esecuzione di “Tu che di gel sei cinta” da Turandot.

Rosolino Cardile possiede un timbro bello, caldo, virile, schietto da vero tenore mediterraneo; dovrebbe capire di aver ricevuto uno strumento squillante di nature e anche potente per un tenore lirico e che quindi certe esplosioni sugli acuti, che impressionano indubbiamente il pubblico, sono dannose per la salute vocale ed anche di dubbio gusto. Si tratta comunque di piccoli problemi risolvibili, in quanto il timbro è come si è detto bello, e anche tecnicamente sembra di aver le idee chiare su come si esegue il passaggio. Un tenore da tenere d’occhio.

Convincente anche Antonella Biondo, soprano leggero dal timbro grazioso e omogeneo fin nel registro grave; buona dizione, interpretazione di Norina un pochino troppo caricata; le consiglierei di cercare di donare maggior rotondità ai sovracuti, che l’altra sera erano leggermente schiacciati.